RECENSIONE DEL FILM “ Baarìa”

Nel suo film, Giuseppe Tornatore rappresenta la vita a Bagheria tra gli anni ’30 e gli anni ’80, narrando le vicende di una famiglia attraverso tre generazioni: dal padre Cicco, pastore che ha passione per la letteratura epica, al figlio Peppino, cresciuto durante il periodo della guerra e che entrerà nelle file del Partito Comunista, divenendone uno degli esponenti di spicco sul piano locale, al nipote Pietro.
Tornatore, con questo film, apre la “Porta del vento” ( questo il significato arabo di Bagheria) sulla sua amata sicilia. Film ricco di emozioni, di passioni, di ideali. Il film può essere considerato come una corsa contro il tmpo e lo si può intuire sin dal suo inizio quando il bambino che viene mandato ad acquistare le sigarette comincia a correre. Una corsa contro il tempo che cancella il passato: sembra che la memoria del passato progressivamente va scomparendo e, con il suo film Tornatore cerca di destare il ricordo di un passato recente che sembra destinato a scomparire, nonostante i numerosi segni che ha lasciato nella società. Segni che, come l’affresco sulla volta della chiesa, dovevano essere cancellati. Il passato verrà dimenticato come conferma la parte finale del film in cui Peppino si sveglia dal sonno della sua vita e si ritrova ai nostri giorni bambino, come se tutto fosse stato un sogno, come se tutte le vicende politiche,amorose della sua vita dovessero essere ancora scritte. Ma c’è un particolare che lo riporta indietro nel passato:egli ritrova l’orecchino della figlia nella sua vecchia casa e capisce che tutto era reale,tutto era stato vissuto sulla sua pelle. Forse come l’orecchino, anche il suo film è una testimonianza del passato, non solo della società di Bagheria, ma di tutto il passato in generale.
Il regista mira inoltre a sottolineare che, nonostante il tempo passi, la società si trasformi, restano in vita una serie di tradizioni, di superstizioni che pongono leloro radici nel passato ma che si ripercuotono ancora nel presente e nel futuro. Sin dall’inizio del film si susseguono immagini di uova rotte e serpenti neri, immagini che verranno ripresentate anche nella parte conclusiva del film, quando già sono trascorsi decenni e decenni.
Uova rotte, l’orecchino, i serpenti, Peppino che dice al figlio Pietro quando è sul punto di partire per andare in cerca di un lavoro “Va vuscati ù pani” che significa “Vai a guadagnarti da mangiare”,stessa frase che già Peppino aveva udito da suo padre anni prima, e la scena finale in cui i due bambini che corrono, padre e figlio, si incontrano nello stesso momento, sia pur frutto di due epoche differenti, sono metafora del fatto che la vita è un continuo ripetersi delle vicende, metafora del fatto che tutto è e resterà uguale, nonostante i tempi passano.
La ricchezza della scenografia, la potenza visiva di alcune scene, la colonna sonora del maestro Morricone e la caratterizzazione volutamente a tratti di alcune figure di contorno rendono Baarìa un film difficilmente comprensibile e ricco di messaggi nascosti. Tornatore inoltre fa scorrere davanti ai nostri occhi scene di vita che nascondono messaggi veri.Il regista ci mostra una politica che non è solo del passato, ma anche del presente e, probabilmente, anche del futuro. Politica fatta di uomini senza scrupoli, come l’assessore cieco che decide di accettare il piano urbanistico solo dopo aver ricevuto un’apposita paga, senza sapere in concreto ciò che sarà realizzato. Ci presenta un mondo politico disonorevole, corrotto, ma egli sul finale ci lascia una speranza. La mosca intrappolata nella trottola riesce a volare ed è ancora viva. Tutto ciò è metafora del fatto che la nostra Sicilia, benchè viva ancora avvolta nelle sue antiche tradizioni e , nonostante il passare degli anni, tutto sembra essere rimasto lo stesso, ha ancora una speranza, può ancora liberarsi delle sue antiche radici, può rivedere la luce e cominciare a volare.
Adriana Bonomo VB



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